Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Una minuscola radio degli anni '60

Negli anni '60 esplode la mania della miniaturizzazione. Si costruiscono radio sempre più piccole, vendute in cofanetto come gioielli - L. Mureddu

Si parlava di "radioline giapponesi", con un certo disprezzo come se valessero meno, un po' come nei decenni successivi si assunse lo stesso tono riguardo alle produzioni cinesi. Quasi fossero imitazioni di scarsa qualità dei prodotti occidentali. In realtà, molte di quelle che erano definite "giapponesi" venivano da Hong Kong, che allora era un avamposto britannico a ridosso della Cina Popolare. Produrre in quel territorio costava poco sia come manodopera, sia come condizioni fiscali. Un vero paradiso, da cui partiva tanta tecnologia marcata "Made in Hong Kong", che riempiva gli scaffali dei negozi economici. Orologi, macchine fotografiche, binocoli e appunto radio a transistor. Altri paradisi simili erano Singapore per la tecnologia di fascia alta, e Taiwan, quest'ultima per piccoli oggetti di plastica, bambole e giocattoli. Era l'inizio della globalizzazione.

Tornando alle radio, quella che vi mostro qui è una Micro 7 Transistor marcata Browni (forse 1968), un produttore di Hong Kong. Probabilmente il progetto originale è giapponese. Basta cercare "micro 7 transistor" sul Radiomuseum per trovare una ventina di modelli tutti simili. Uno di questi per esempio è marcato Orion, una nota casa giapponese: basta un rapido confronto per notare la somiglianza con quello di questa pagina. Altre marche sono americane (Imperial, Honeytone, Viscount...). Per queste ultime occorre ricordare che negli Usa si pagava una forte tassa d'importazione per prodotti tecnologici non giocattoli, come le radio, quindi conveniva produrre localmente su licenza. Gli unici che si importavano dal Giappone erano i piccoli ricevitori a due transistor, denominati boy's radio, che schivavano il dazio in quanto giocattoli. Di questi abbiamo già parlato in un'altra pagina.

Venendo al nostro piccolo ricevitore, si tratta di un vero supereterodina a 7 transistor, alimentato con una pila stilo da 1,5V. La figura qua sotto mostra l'interno, affollato di transistor e di componenti miniaturizzati, tra cui due trasformatori BF e numerosi condensatori elettrolitici. Deve essere stato uno di quei casi in cui il progetto è semplice, ma l'ingegnerizzazione risulta complessa.

Infatti bisogna mettere d'accordo circuiti accordati sensibilissimi distanti solo pochi millimetri l'uno dall'altro, evitando inneschi e oscillazioni. Ne sa qualcosa chi ha provato a costruire un semplice apparecchio di quelli che comparivano nei libri di Ravalico, magari con solo due o tre transistor. Era un'inferno. Qui evidentemente l'abbondanza di condensatori e un accurato posizionamento ha reso preciso e stabile il funzionamento, tanto è vero che poi se lo sono copiato tutti l'uno con l'altro, senza osare cambiare una virgola.

 

Il piccolo apparecchio si presenta solido anche come telaietto e contenitore: una cosa seria evidentemente, realizzato con buon materiale plastico resistente ai graffi e ai piccoli colpi. Veniva fornito di custodia in similpelle e forse auricolare, dato che era provvisto dell'apposita presa. L'esemplare che ho esaminato era quasi funzionante: è bastato poco per rimetterlo in funzione. Purtroppo è un oggetto inutile ormai, dato che la Rai ci ha privato del piacere di ascoltare una piccola radio in onde medie. Comunque funziona, e per dimostrarvelo ho fatto un piccolo video che potete scaricare qua sotto e che dimostra una certa sensibilità e selettività. Qualche gracchìo nel potenziometro si potrebbe eliminare smontandolo e pulendolo con cura, ma ho preferito evitare di sottoporre il circuitino a troppe azioni di saldatura.

Video dimostrativo:

 

 

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