Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Il Cinema Sonoro

Aggiungere la voce e i suoni alle immagini in movimento è stato più impegnativo della stessa invenzione del cinema.

(L. Mureddu)

L'invenzione del cinematografo risale ufficialmente al 1891, inteso come proiezione su uno schermo di una serie di immagini fotografiche scattate in tempi successivi, talmente ravvicinate da dare al cervello l'impressione del moto continuo. Una variante era il disegno (o "cartone") animato. È, tutto sommato, l'evoluzione di tecniche già note fin dai tempi delle "ombre cinesi" e della "lanterna magica". Il fratelli Lumière inventarono la tecnica della proiezione a piccoli scatti, utilizzando una pellicola fotografica continua e dotata di fori per il trascinamento. Da allora a oggi, quella tecnica è rimasta pressoché invariata.

Dalla prima proiezione cinematografica dei Lumière fino alla diffusione del film sonoro passeranno più di trent'anni. Non che non fosse sentita la necessità, ma proprio perché i mezzi di allora non lo permettevano. Si ovviava in vario modo: con un pianista che utilizzava un repertorio standard per sottolineare momenti leggeri e passaggi drammatici - spesso questi pianisti erano dei bravissimi improvvisatori - o con orchestre di più elementi che suonavano brani scritti apposta per quella particolare pellicola, e fu la nascita della "musica da film". Altre volte era presente in sala un dicitore, con lo scopo di leggere i cartigli che venivano intercalati alle immagini del film per spiegare o presentare dialoghi, a beneficio degli analfabeti. Quando ero piccolo, mio nonno ricordava e rimpiangeva i bei tempi del cinema muto, che evidentemente offriva uno spettacolo variegato, e sempre diverso a ogni proiezione.

Ma come si poteva risolvere il problema? In teoria i mezzi c'erano, dato che il fonografo di Edison esisteva già da tempo. Infatti qualcuno si impegnò nella realizzazione di film, in genere cortometraggi, accompagnati dal sonoro su dischi grammofonici. Si rivelò un'impresa disperata dato che ogni disco a 78 giri non durava più di 3-4 minuti, e ogni volta bisognava farlo partire in perfetto sincrono con le immagini. Il sincrono si perdeva in pochi secondi, e guai a dover giuntare una pellicola che si spezzava: l'accorciamento comportava un salto tra visione e suono. Inoltre per tutti i primi anni del '900 i grammofoni erano puramente meccanici, a tromba. Del tutto insufficienti per sonorizzare una sala cinematografica quantunque piccola. Anche lì ci fu chi tentò di aumentare la potenza sonora con trombe multiple, ma con scarsi risultati. Occorreva aspettare l'avvento dell'amplificatore a valvola, ossia ai primi anni '20.

Il primo film sonoro è del 1926. Si tratta de Il cantante di jazz, sonorizzato in brevi tratti per mezzo di un ingegnoso sistema a dischi di lunga durata, registrati col sistema Vitaphone. Per la prima volta si utilizzavano dischi incisi a 33 giri, e di diametro maggiore di quelli convenzionali. Inoltre si utilizzavano due piatti automatici, nei quali il secondo partiva esattamente quando terminava il primo. Il risultato era accettabile dal punto di vista dello spettacolo, ma non particolarmente comodo per i gestori delle sale e dei noleggi. L'immagine qua sotto mostra la complessità del macchinario di proiezione, che comportava tra l'altro la sincronizzazione dei motori dell'audio e delle immagini.

 

Fu presto abbandonato, dato che subito dopo cominciarono le sperimentazioni delle "colonne sonore" inserite nella stessa pellicola. La colonna (o traccia) sonora altro non è che una porzione di pellicola che corre parallela ai fotogrammi e porta registrata in qualche modo l'informazione audio. Si provarono tracce magnetiche con un filo d'acciaio saldato alla pellicola, o solchi incisi come quelli dei dischi, che venivano letti da una puntina fonografica. Tutte soluzioni che comportavano numerose operazioni sulla pellicola dopo la stampa fotografica, con aumenti di costi insostenibili.

Il sistema più usato dopo i primi esperimenti fu quello della traccia ottica: il suono viene trasformato in vibrazioni ottiche che vengono registrate mediante una sorgente di luce variabile o uno specchio vibrante. In sede di stampa la traccia sonora viene riprodotta su ogni copia senza costi aggiuntivi. Durante la proiezione una fotocellula vede la luce che attraversa la traccia registrata, trasforma le differenze di densità in segnale elettrico che viene amplificato e diffuso. Sincronismo perfetto, ottima gestione dei magazzini, nessun problema in caso di rotture e giunzioni della pellicola: insieme ai fotogrammi danneggiati va via anche il relativo audio.

 

Il termine "colonna sonora" ha poi preso un significato più ampio, indicando anche le musiche di accompagnamento di un film, spesso prodotte da valenti compositori, vedi Ennio Morricone, Nicola Piovani o il grande Nino Rota per i film di Fellini. Per tutto il periodo della cinematografia puramente ottica, ossia fino all'avvento del digitale, le tecniche sono migliorate aggiungendo piste stereofoniche e introducendo l'alta fedeltà e gli effetti "surround" che hanno accompagnato i colossal in cinemascope degli anni '70 e '80. Questa immagine può servire a dare un'idea.

 

(L'immagine qua sopra è presa dal sito Noemalab. Le altre immagini di questa pagina sono prese da brevestoriadelcinema.altervista.org/15-1.html)

Chi vuole approfondire trova nella pagina della Storia due articoli pubblicati su Sapere nel 1936-37 che fanno il punto della tecnica del cinema sonoro in quegli anni. 

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