I progetti

COSTRUZIONE DI ALIMENTATORI A VALVOLE TERMOIONICHE PER RADIORICEVITORI

di Marco Gilardetti

Questo articolo, scritto originariamente per Le Radio Di Sophie,
è stato pubblicato in parte sulla rivista Costruire HiFi (numero 104, Blu Press s.r.l., Novembre 2007).
E' qui presentato in virtù di un accordo scritto tra autore ed editore.   Tutti i diritti sono riservati.
Ne è vietata la riproduzione,  anche parziale,  senza citare la fonte.   Per l'inserimento come voce bibliografica:
Gilardetti M.: Costruzione di alimentatori a valvole termoioniche per radioricevitori. Il web (leradiodisophie.it), Aprile 2010.

 

PARTE V:

RASSEGNA DI ESEMPI

Diamo ora uno sguardo - rapido ma di buona valenza didattica - alle sezioni alimentatrici d'un gruppo d'apparecchi posti in commercio da celebri aziende nazionali produttrici di radio ed amplificatori.   Come già anticipato nell'introduzione della prima parte,  gli schemi che saranno presentati in questa antologia saranno immancabilmente inutili all'atto pratico perché privi di importanti dati tecnici quali le tensioni del trasformatore o l'induttanza delle bobine di spianamento.   Ciò nonostante consentiranno di farsi un'idea circa le numerose sotto-varianti costruttive poste in essere dai produttori,  cosa che tornerà specialmente utile a chi vorrà cimentarsi nelle radioriparazioni.   Forniranno inoltre l'occasione per approfondire "al volo" alcuni dettagli a cui,  onde non appesantire troppo la lettura,  s'è fatto solo cenno nei capitoli precedenti.

V.1

F.A.D.A. (LA PRECISA) 351a

In figura 5.1 è riportato lo schema della sezione alimentatrice d'un radioricevitore del primo dopoguerra,  progettato quindi in un periodo ancora relativamente pionieristico per l'elettronica dei circuiti a valvole.   Balzano subito all'occhio l'assenza del trasformatore di rete (la corrente in uscita dalla presa elettrica è direttamente rettificata ed inviata al radioricevitore, come accennato nel capitolo 1 della prima parte) e l'alimentazione cosiddetta "in corrente" (cioè in serie, con una corrente costante) dei filamenti delle valvole.   Sommando le tensioni di lavoro di tutti i filamenti più la caduta sul resistore da 175 Ohm (facilissimo calcolo che invito i lettori a fare, dopo essersi muniti dei fogli-dati dei tubi impiegati in questo modello) si comprende che l'alimentatore è predisposto per essere connesso ad una rete a 110 Volt,  che in effetti era una delle tensioni generalmente disponibili a quei tempi in molte aree d'Italia.   La connessione in parallelo delle placche della rettificatrice (25Z5) mostra che il raddrizzamento è del tipo a semionda.   La sezione marcata in verde è una classica cella Π di livellamento;   si osservi tuttavia che,  com'è tipico degli alimentatori senza trasformatore,  non si può parlare di un filtro ad ingresso puramente capacitivo in quanto la bobina di eccitazione dell'altoparlante dinamico (A) è posta in parallelo alla prima capacità di filtro.   Si tratta quindi di un filtro ad ingresso misto,  nel quale inoltre la bobina di spianamento è separata dalla bobina di eccitazione dell'altoparlante.

Figura 5.1 - Sezione alimentatrice del radioricevitore FADA mod. 351a.

Marcate in azzurro sul disegno si notano due capacità di valore moderato.   Si tratta di condensatori per il trattamento dei disturbi elettrici presenti nella rete di distribuzione domestica;   disturbi che,  se non fossero abbattuti,  verrebbero iniettati in tutto il circuito a valle dell'alimentatore degradando la ricezione e risultando udibili nel segnale audio.   Questi condensatori sono pressoché sempre presenti – in una forma o in un'altra – negli alimentatori di buone pretese.   Il condensatore sul lato sinistro ha il compito di evitare l'ingresso dei disturbi nel circuito radio,  sostanzialmente convogliando a massa i segnali indesiderati di frequenza medio-alta.   In altre parole,  esso forma una sorta di filtro passa basso nel quale la rete di distribuzione elettrica nel suo complesso è il ramo induttivo.   Questo tipo di inserzione del condensatore di filtro è noto col nome di "collegamento ad X" ed è usato prevalentemente nelle radio prive di trasformatore d'alimentazione.   Il condensatore di filtro è un componente posto in condizioni di lavoro molto gravose,  che saranno analizzate meglio nei capitoli successivi (§ V.3: Condensatori di classe X ed Y) di cui raccomando un'attenta lettura.

Il condensatore sul lato destro,  di valore identico,  si incontra assai meno frequentemente e può essere visto sia come un ulteriore filtro di ingresso (che perfeziona il filtraggio già eseguito dal primo condensatore) sia come una barriera che impedisce il risalire dei segnali a radiofrequenza presenti nel circuito a valle verso la sezione alimentatrice e la rete elettrica.   Questo raddoppio dei filtri impiegati mostra come il problema delle interferenze dovute alla connessione con la rete fosse un problema particolarmente sentito in un'epoca in cui - sebbene la fedeltà degli apparecchi (e delle radiotrasmissioni stesse) fosse appena mediocre - anche la distribuzione dell'energia elettrica stava muovendo i primi passi,  con tutti i problemi del caso.   Chi è fresco di studi elettrotecnici può chiedersi che senso abbia porre una capacità da 0,1 microFarad in parallelo ad una da 8 microFarad,  considerato che la legge di composizione delle capacità in parallelo (Ctot = C' + C'') ci dice in sostanza che se C' è molto più grande di C'',  allora in prima approssimazione Ctot = C'.   La ragione è che queste formule valgono in ogni condizione solo nel caso di condensatori ideali,  mentre i condensatori disponibili in commercio seguono le leggi teoriche solo entro certi limiti ed in alcuni intervalli di frequenza.   Le capacità elettrolitiche,  in particolare,  basano il proprio funzionamento su reazioni chimiche che hanno luogo in un lasso di tempo breve ma non infinitesimale,  e pertanto presentano una sorta di inerzia elettrica che le rende non adatte al trattamento dei segnali ad alta frequenza.   Si intende allora che questi condensatori da 0,1 microFarad dovranno essere ad azione rapida,  cioè ad esempio a carta (o oggi in polipropilene),  in grado quindi di agire istantaneamente in uno spettro di frequenze nell'ambito delle quali il condensatore elettrolitico è sostanzialmente "in blocco".   Vedremo nella parte VI che questo tipo d'inserzione d'un condensatore rapido trova oggi impiego nelle applicazioni ad alta fedeltà molto spinta.

V.2

MAGNADYNE SV 842

In figura 5.2 è riportato lo schema della sezione alimentatrice di un grosso radiofonografo,  un apparecchio di classe elevata prodotto circa vent'anni dopo quello dell'esempio precedente.   In questo caso è presente il trasformatore di rete,  ed il collegamento della rettificatrice indica che il raddrizzamento è del tipo a doppia semionda.   La presa centrale non è collegata direttamente alla massa ma ad una resistenza da 200 Ohm ai cui capi si genera una tensione negativa che viene sfruttata in alcuni circuiti ausiliari del ricevitore (si veda [2] per una discussione dettagliata di questa tecnica).   In A si distinguono i contatti della morsettiera per l'adattamento del trasformatore alle varie tensioni di rete.   La radio monta un altoparlante a magnete permanente,  che non richiede quindi l'eccitazione d'una bobina di campo.   Nella zona marcata in verde sono collocati i condensatori di livellamento.   Il filtro dello stadio finale di potenza,  come si vede,  è puramente capacitivo e non può definirsi di tipo Π poiché sono assenti sia la bobina di spianamento sia un'eventuale resistenza che ne faccia le veci;   solo gli stadi di preamplificazione si giovano di ulteriori celle di filtro Π (non mostrate in figura) a valle della resistenza da 2000 Ohm e del punto 1.   Questa configurazione "ridotta" del primo stadio di filtro è spesso adottata quando lo stadio d'uscita è in classe B perché la configurazione in controfase tende ad elidere il rumore in comune alla coppia di valvole;   il rumore in comune difatti non crea un transito di corrente asimmetrico nel primario del trasformatore del controfase ma si suddivide in due correnti uguali e di verso opposto per cui,  sorvolando sull'influenza capacitiva tra primario e secondario (che in realtà non è trascurabile) e ipotizzando che le valvole del controfase abbiano caratteristiche identiche (cosa assai difficile in pratica),  non genera correnti indotte nel secondario.   Al di là dell'elegante teoria,  questa soluzione è certamente economica - quindi ben vista dalle case produttrici - ma per nulla ottimale,  e rende difatti questo ricevitore d'alta gamma incredibilmente vittima di un forte e fastidioso ronzio di fondo.   Vedremo difatti tra breve che espedienti economici di questo tipo non sono mai impiegati,  se non con particolari accorgimenti,  in apparecchi che si fregiano del titolo di "ad alta fedeltà".

Figura 5.2 - Sezione alimentatrice del radioricevitore Magnadyne mod. SV 842.

Veniamo nuovamente ai condensatori per il trattamento dei disturbi di rete,  che anche su questo schema sono stati marcati in azzurro.  Sono sempre due ma, a differenza del caso precedente,  essi sono disposti solo a monte della valvola rettificatrice,  come di norma succede.   Il tipo di connessione in serie,  con il nodo centrale ancorato a massa,  è noto col nome di "collegamento ad Y" ed è usato prevalentemente nei ricevitori muniti di trasformatore di alimentazione.   Le due capacità possono essere viste non solo come un percorso di scaricamento dei disturbi dal cavo di fase al neutro di 500 pF complessivi,  ma anche come una rete in grado di eliminare i disturbi dovuti a dissimmetrie (riferite al telaio, o massa) tra i due poli.   Il collegamento ad Y,  impiegato con successo in molti radioricevitori integrati,  non è sempre consigliabile nel caso in cui vi fossero più apparecchi da collegare in catena (ad esempio un ricevitore seguito da un amplificatore di potenza).   In generale,  difatti,  in una catena di apparecchi il telaio di ciascuno d'essi potrebbe trovarsi ad una tensione (di massa) differente.   Connettendo tra loro i telai,  il filtro non darebbe più alcuna garanzia di simmetria nel percorso di fuga dei disturbi,  e potrebbe introdurre più guai che benefici.   Il collegamento ad Y,  come d'altro canto anche quello ad X,  porta con sé pressanti problemi di sicurezza elettrica che prenderemo ora in debita considerazione.

 

V.3

CONDENSATORI  DI  CLASSE X  E  CLASSE Y

E' facile rendersi conto di come i condensatori inseriti con collegamento ad X (o ad Y) siano esposti a sforzi elettrici estremi:   essi sottostanno continuamente non solo ad una tensione molto elevata (i 230 Volt della rete domestica, ossia lo stesso ordine di grandezza delle più alte tensioni presenti all'interno dell'apparecchio radio) ma anche ad una fonte di corrente - la rete domestica appunto - potenzialmente in grado di produrre effetti devastanti.   Detto in altre parole:   il piccolo condensatore collegato ad X è posto a cavallo di un generatore di potenza tale da poter portare in pochi istanti al calor rosso una grossa stufa da camera.

Comunque,  un condensatore collegato ad X che dovesse cedere rischierebbe al massimo di far saltare il contatore o provocare un piccolo incendio localizzato.   Il collegamento ad Y presenta invece,  oltre a tutti i pericoli già insiti nel collegamento ad X,  anche dei pericoli ulteriori:   se uno dei due condensatori dovesse presentare un corto circuito (o anche solo una perdita intensa),  la tensione di rete si troverebbe direttamente connessa al telaio della radio,  e quindi anche agli alberi dei potenziometri,  alle viti delle manopole e ad ogni altra parte metallica con isolatore sbeccato o non isolata,  con ovvi rischi di folgorazione per l'utilizzatore.

Si osservi infine l'alimentatore presentato in figura 5.3,  che equipaggia i radioricevitori Magnadyne FM3 e simili.   In questi modelli l'alimentazione e l'amplificazione a radio/bassa frequenza sono montate su due telai separati,  collegati da un fascio di fili;   l'interruttore di rete,  in particolare,  si trova sul telaio radio.   E' immediato rendersi conto che,  per ragioni pratiche,  i due condensatori collegati ad Y ben visibili in figura non sono stati collegati in alcun modo all'interruttore dell'apparecchio e si trovano entrambi connessi direttamente al cordone di rete (il cavo marrone annodato) ed al telaio d'alimentazione.   Che la radio sia accesa o spenta,  a qualsiasi ora del giorno e della notte,  per tutto l'anno,  questi due condensatori hanno applicata ai loro capi tutta la potenza della rete domestica!   Non ci si illuda,  quindi,  di eliminare i pericoli sorvegliando la radio durante il suo funzionamento o limitandone l'uso.

Figura 5.3 - Condensatori collegati ad Y sull'alimentatore di un ricevitore Magnadyne mod. FM3.

Risulterà chiaro come i condensatori da impiegarsi in questa particolare applicazione debbano essere non certo di quelli alla dozzina,  ma piuttosto "a prova di bomba".   Poiché l'uso dei filtri antidisturbo non è limitato alle radio d'epoca ma è anzi un'applicazione tuttora molto comune (soprattutto in ambito informatico),  in tempi recenti sono state emanate delle apposite normative che prevedono due specifiche categorie di condensatori,  la "classe X" e la "classe Y",  che contraddistinguono componenti studiati e prodotti per l' impiego in sicurezza nei due rispettivi tipi di collegamento.   Queste categorie sono a loro volta suddivise in altre categorie più fini (X1, X2 ed X3 da un lato, Y1, Y2, Y3 ed Y4 dall'altro) in ordine decrescente di sicurezza,  vale a dire che i condensatori di classe X1 devono sottostare a criteri e prove più severi di quelli afferenti alla classe X2.   I componenti di classe X2 ed Y2 sono i più facili da reperire in commercio e sono anche i più adatti ai nostri scopi in quanto sono provati per tensioni di lavoro continuative di 250 Vc.a. e picchi di 2500 V (per la classe X2) e 5000 V (per la classe Y2).   I componenti di classe X1 ed Y1 sono provati con tensioni ancora superiori e sono quindi ancora più sicuri,  ma non sempre si trovano in vendita e sono comunque disponibili in una gamma minore di valori di capacità.

Poiché,  come detto,  il collegamento ad X comporta meno rischi del collegamento ad Y,  capita spesso che i componenti di classe Y siano certificati anche per la classe X,  talvolta con margini di sicurezza più ampi.   E' facile,  ad esempio,  che un condensatore di classe Y2 sia contemporaneamente anche di classe X1.   La certificazione di appartenenza di un condensatore alla rispettiva classe di sicurezza è rilasciata da enti certificatori nazionali o dagli istituti per la qualità,  ed è contrassegnata sull'involucro del componente mediante l'affissione delle consuete sigle che siamo abituati a vedere su elettrodomestici,  spine,  prese,  ecc.   Anzi,  la presenza delle numerose marchiature in parola è il modo più diretto per distinguere un condensatore di sicurezza da uno ordinario,  considerato che spesso la superficie del componente è talmente limitata da richiedere l'uso di una lente d'ingrandimento per leggerne le scritte.   Le prove effettuate consistono nel verificare che,  in caso di rottura o sovratensione,  il componente si guasti senza pericolo,  ossia senza provocare incendi o esplosioni,  ed interrompendosi anziché cortocircuitarsi.

Figura 5.4 - Esempi di condensatori di sicurezza del commercio per la realizzazione di filtri di rete: a) condensatore di classe X2 in contenitore plastico parallelepipedo, si riconoscono i marchi di qualità UL Recognised, VDE, SEV, SEMKO, DEMKO, NEMKO, SETI e Conformité Européenne; b) condensatore ceramico a disco con certificazione VDE e SEMKO di appartenenza ad ambo le classi X1 e Y1.

In conclusione:   per i filtri antidisturbo l'uso di condensatori di classe X o Y è da ritenersi,  più che consigliato,  pressoché obbligatorio.   E' inoltre da sconsigliarsi la pratica di camuffare questi componenti all'interno dei componenti originali della radio;    ciò al fine di non comprometterne le doti di sicurezza racchiudendoli all'interno di involucri estranei e dal comportamento incerto in condizioni estreme:   è bene che in questo caso la sicurezza prevalga sul risultato estetico.

 

V.4

VEGA (BRIONVEGA) RM 301

Nei registratori a nastro magnetico la riduzione del rumore di fondo è particolarmente importante sia perché questo tipo di apparecchi lavora su segnali molto bassi,  che devono essere amplificati di molti ordini di grandezza,  sia perché eventuali ronzii presenti nel circuito verrebbero aggiunti alle registrazioni una volta per tutte e si ripresenterebbero ad ogni ascolto del nastro,  anche su altri apparecchi.   Per questa ragione,  almeno in prodotti di classe media o elevata,  nei registratori è sempre presente un dispositivo di riduzione del ronzio.   L'alimentatore del magnetofono Vega RM 301 qui presentato non fa eccezione,  e si potrà riconoscere nel suo circuito dei filamenti (evidenziato in rosso in figura 5.5) un classico potenziometro antironzio del tipo descritto nel capitolo IV.2.

Figura 5.5 - Alimentatore del magnetofono Vega mod. RM 301

La corrente di rete,  dopo essere stata opportunamente trasformata,  è rettificata tramite un raddrizzatore al selenio (schematizzato in figura col simbolo del ponte di Graetz: capitolo II.3 e figura 2.5).   Questo dispositivo a stato solido,  pur non esente da difetti,  è stato tra i primi a trovare un impiego pratico e vasto in sostituzione delle valvole rettificatrici.   Le sigle con cui il componente veniva indicato sugli schemi erano normalizzate e contenevano utili indicazioni sulla tensione e corrente di lavoro;   ciò sottintendeva che il dispositivo potesse essere sostituito con qualunque altro di qualsiasi marca purché avente le stesse prestazioni.   Ad esempio,  nello schema in figura 5.5,  la sigla "B250 C85" significa che il raddrizzatore al selenio montato sull'apparecchio è adatto per tensioni di lavoro fino a 250 Volt e deve poter erogare almeno 85 mA di corrente.

Il livellamento della tensione anodica è conseguito,  anche in questo caso,  strizzando l'occhio più all'economia che alla qualità.   La corrente di placca della valvola finale ha un livellamento solo capacitivo effettuato dal condensatore di destra (nella parte evidenziata in verde in figura 5.5) ed è erogata in A dopo aver attraversato,  come di consueto,  il trasformatore d'uscita.   La corrente di placca delle altre valvole è invece erogata in B;   come si vede essa percorre la parte bassa del trasformatore d'uscita,  attraversa una resistenza di caduta da 1,5 KOhm ed è livellata da un secondo condensatore da 50 µF (quello di sinistra).   Con questi ingarbugliati collegamenti si vuol far sì che la corrente d'ondulazione,  percorrendo il primario del trasformatore d'uscita in due versi contrari,  induca nel secondario due tensioni uguali ma opposte che tendano quindi a elidersi reciprocamente.   E' intuitivo che,  essendo la due correnti circolanti negli avvolgimenti del primario d'entità assai differente,  per ottenere un buon effetto di cancellazione del ronzio i due rami dovranno essere opportunamente dimensionati e bilanciati,  cosa ardua da ottenere in pratica.   Tipicamente,  difatti,  si riscontra che il tutto è poi aggiustato alla buona mediante l'impiego di capacità di valore esagerato.

Dagli anni '50 in avanti si trovano numerosi esempi di alimentatori anodici "pasticciati" come quello appena visto:   si entra infatti in un periodo in cui i grossi condensatori elettrolitici iniziano a costare molto poco rispetto alle induttanze,  che sarebbero inoltre da avvolgere "ad hoc" perché stanno definitivamente scomparendo le bobine d'eccitazione degli altoparlanti,  sostituite dai magneti permanenti.   Ad esempio anche la Geloso produsse un trasformatore d'uscita con un avvolgimento supplementare di poche spire:   esso ricorda assai da vicino la "spira antironzio" che un tempo veniva avvolta attorno alle bobine d'eccitazione degli altoparlanti dinamici.   Lo schema-tipo applicativo è riportato in figura 5.6;   per il suo uso pratico si può consultare,  tra gli altri,  lo schema del radioricevitore Geloso G.315.

Figura 5.6 - Trasformatore d'uscita Geloso con presa antironzio: schema applicativo di principio; da [22].

Queste trovate "al risparmio",  più o meno efficaci all'atto pratico,  celano comunque tutte un problema che prima che tecnico oserei definire filosofico,  se non addirittura etico:   non si curano di livellare in modo adeguato la tensione anodica - che è il vero ed unico scopo di un alimentatore ben progettato e ben costruito - ma si limitano a camuffare in altoparlante i guasti di una tensione di placca mal livellata.   Inutile dire che questi espedienti dalla dubbia resa non si trovano mai applicati negli alimentatori di classe come ad esempio in quelli per amplificatori ad alta fedeltà,  ove d'abitudine le ditte veramente serie non lesinano condensatori,  bobine e resistenze utili a raggiungere l'obiettivo dell'eccellenza.

V.5

HIRTEL JUNIOR STEREO 10 + 10

Veniamo quindi ad un apparecchio progettato da una piccola azienda torinese dell'alta fedeltà,  una ditta purtroppo scomparsa ma che vanta tuttora un manipolo d'irriducibili estimatori.   Uno dei punti di forza che caratterizzavano la Hirtel,  oltre alla qualità dei prodotti per cui ancor oggi è famosa,  consisteva nell'impiegare circuiti di provata efficacia conditi però da quel pizzico di genialità in più che li contraddistingueva dalla norma o da una applicazione pedissequa.   Anche l'alimentatore qui presentato non si sottrae a questa regola aurea.

Poiché l'amplificatore Junior Stereo è ad alta fedeltà ci attendiamo di trovare nel suo alimentatore almeno alcuni dei perfezionamenti descritti nei capitoli precedenti.   E difatti,  tanto per cominciare,  il circuito di alimentazione dei filamenti (marcato in rosso e riportato a sinistra del nucleo del trasformatore, dal lato dell'avvolgimento primario) è simmetrizzato con la tecnica delle due resistenze fisse ancorate a massa allo scopo di ridurre il ronzio iniettato dai filamenti medesimi (capitolo IV.2 e figura 4.3-b).   Inoltre,  il trasformatore di rete è munito di uno schermo elettrostatico (linea tratteggiata verticale, a sinistra del pacco lamellare) collegato alla massa dell'apparecchio.

Figura 5.7 - Hirtel Junior Stereo 10 + 10, schema elettrico dell'alimentatore.

Sebbene l'amplificatore sia stereofonico,  l'alimentatore anodico è unico ed è in comune ai canali destro e sinistro (vedremo nella parte VI che esistono soluzioni ancora più raffinate).   L'alta tensione di placca è ricavata con un raddrizzamento a doppia semionda (valvola EZ81) e un livellamento di tipo resistivo-capacitivo (quindi senza bobina di spianamento) con cella Π multipla a caduta di tensione:   una applicazione "da manuale" della tecnica descritta in calce al paragrafo I.5.   Le capacità d'ingresso del filtro sono,  come ci si attende,  di valore piuttosto generoso e sono inoltre separate da una resistenza di valore bassissimo (solo 100 Ohm) che le pone quindi in quasi-parallelo.   La tensione 1 è inviata alle placche delle valvole finali di potenza,  la tensione 2 alle placche delle valvole pilota ed invertitrici di fase,  la tensione 3 alle placche delle valvole preamplificatrici.

Lo stadio finale dell'amplificatore impiega la polarizzazione fissa di griglia.   Con una soluzione assai acuta,  economica e per di più sicura dal punto di vista elettrico,  la tensione negativa di griglia è erogata da una presa intermedia sul secondario dell'alta tensione anodica e raddrizzata con un diodo a semiconduttore (parte evidenziata in giallo in figura).   L'inserzione di questo dispositivo nello schema mostra chiaramente che vengono raddrizzate solo le semionde negative della tensione.   Esse vengono poi livellate da un filtro capacitivo da 25 µF,  opportunamente ridotte con un partitore di tensione (resistenze da 10 K e 47 KOhm; § III.3) ed infine ulteriormente livellate da un ultimo condensatore da 25 µF.   Poiché la tensione erogata è negativa,  si osservi che i condensatori elettrolitici sono correttamente inseriti nel circuito con polarità invertita rispetto all'alimentazione anodica.

Chiudiamo con una piccola spigolatura:   all'epoca della commercializzazione dello Junior 10 + 10,  a fronte di un prezzo di 260 Lire per un tubo EZ81 di prima scelta,  il diodo BY115 costava 240 Lire.   E' una cifra che oggi appare letteralmente folle,  soprattutto se si pensa al lavoro di vetreria e di meccanica di precisione che richiede la costruzione di una valvola.   Anche per questa ragione i semiconduttori non soppiantarono immediatamente le valvole:   le due tecnologie convissero fianco a fianco,  anche se non proprio pacificamente,  per circa un ventennio. 

V.6

GELOSO G.277/A  E  G.278/A

Passiamo ad un amplificatore di elevatissima potenza (addirittura 75 W) prodotto per la sonorizzazione di grandissimi ambienti,  stadi,  autodromi,  cattedrali,  ecc.   La possenza dell'apparecchio è ben suggerita dall'impiego che la valvola 6L6 trova nel circuito:   il celebre tetrodo,  che usualmente equipaggia lo stadio d'uscita dei più potenti e prestigiosi radiofonografi,  è qui impiegato “appena” come stadio pilota di un controfase di 807!   Ovviamente l'alimentatore anodico (marcato in verde sullo schema) dev'essere di tipo speciale ed infatti impiega una coppia di rettificatrici a vapori di mercurio 83 - una valvola tra le poche a poter gestire correnti e tensioni del rango richiesto - con placche collegate in parallelo.

A prima vista non è facile riconoscere nella parte di schema evidenziata un duplicatore di tensione di Greinacher del tipo di figura 3.9,  invito quindi i lettori a raffrontare con pazienza i due schemi tenendo presente che nel Geloso G.277/A la massa è stata spostata sul polo negativo della tensione anodica con l'ovvia conseguenza che il secondario del trasformatore di alimentazione non ha nessun lato a massa.   Salvo questa notevole variante,  introdotta per poter eseguire le connessioni al polo negativo tramite il telaio dell'apparecchio,  ci si renderà conto che i due schemi appartengono alla stessa famiglia circuitale.   Si tenga anche presente che le quattro resistenze da 15 Ohm e la resistenza da 30 KOhm hanno il solo scopo di proteggere i componenti dell'alimentatore (da eccessive correnti di placca le prime quattro, da guasto alle rettificatrici la quinta) e non hanno quindi alcun ruolo specifico nella rettificazione/livellazione della tensione anodica.

I condensatori di somma delle semitensioni positiva e negativa sono costituiti da coppie di capacità da 16 µF collegate a due a due in parallelo e quindi unite in serie.   Dal vertice positivo si diparte direttamente la linea per la tensione di placca (ben 680 Volt) destinata al controfase di 807;   il livellamento di questa tensione è dunque di tipo puramente capacitivo.    Il resto del circuito è invece alimentato con una tensione di placca circa dimezzata che è prelevata,  non senza arguzia,  dalla connessione intermedia tra i condensatori di duplicazione di tensione.   Dopo una prima cella Π (costituita dall'induttanza Z305R e dal condensatore da 32 µF in basso a destra) la tensione è inviata alla griglie schermo dei tetrodi 807;   segue una seconda cella Π d'identica fattura che livella ulteriormente la tensione a beneficio della placca della 6L6 (cui la tensione arriva tramite il primario del trasformatore di inversione di fase).   Il circuito anodico si chiude infine con una terza cella Π,  questa volta del tipo a resistenza-capacità,  costituita dal resistore da 15 KOhm e dal condensatore da 16 µF.   Come abbiamo visto in precedenza,  questo tipo di cella oltre a livellare ancor più finemente la tensione anodica,  ne riduce anche il valore adattandolo alle modeste richieste del triodo 6J5 di preamplificazione.   Prima della placca di quest'ultimo la tensione è ulteriormente ridotta da un'ultima resistenza di caduta da 50 KOhm.

Il circuito dei filamenti (in rosso) è,  al confronto,  di una banalità tale da non richiedere alcun commento.   D'altro canto l'amplificatore è concepito per usi a bassa/bassissima fedeltà,  quindi è giusto non attendersi nulla di particolarmente elaborato.

Figura 5.8 - Schema elettrico dell'amplificatore Geloso mod. G.277/A.

Può essere interessante seguire l'evoluzione di questo modello negli anni successivi per vedere come la "Nota Ditta" ne affrontò l'aggiornamento.   Lo schema del nuovo modello G.278/A,  che sostanzialmente rimpiazza il vecchio G.277/A,  mostra che a fronte di un circuito di amplificazione rimasto letteralmente identico la sezione alimentatrice diventa invece di tipo assai più ordinario.   Nel 1951 difatti,  con grave ritardo dovuto agli eventi bellici e post-bellici,  diviene disponibile anche in Italia la potentissima rettificatrice a vuoto 5R4 che la Geloso adotta immediatamente per questo apparecchio.   Nel nuovo schema,  la 5R4 in configurazione rettificatrice a doppia semionda si occupa esclusivamente della tensione di placca (innalzata con l'occasione a 720 V) per il controfase di 807.   Il livellamento è sempre di tipo puramente capacitivo ed è effettuato con una serie di due condensatori da 40 µF (formanti quindi un unico condensatore da 20 µF la cui tensione di lavoro è complessivamente elevata a 1000 V) affiancati da un partitore resistivo di bilanciamento del tipo descritto nel capitolo III.8.   Tutto il resto del circuito (griglie schermo del controfase e placche degli stadi di preamplificazione) è alimentato da un secondo doppio diodo di minore potenza - un classico 5Y3 - anch'esso inserito nella configurazione di rettificatore a doppia semionda grazie a delle prese intermedie sul secondario del trasformatore di alimentazione.   Dopo essere stata livellata da una prima cella Π (condensatore 32 µF + induttanza Z303R + condensatore 32 µF) la tensione intermedia è inviata alle griglie schermo delle 807 e quindi ad una seconda cella Π (Z305R + condensatore 32 µF) da cui è prelevata la tensione anodica per il tetrodo 6L6 e,  tramite resistenza di caduta da 50 KOhm,  per il triodo 6J5.   Si osservi che,  mancando del tutto la terza cella Π di livellamento,  progettualmente questo nuovo amplificatore è da ritenersi di qualità deliberatamente inferiore rispetto al modello di cui prende il posto.

Figura 5.9 - Schema elettrico dell'amplificatore Geloso mod. G.278/A.

 

BIBLIOGRAFIA:

(riprende e integra la parte IV)
[13] Ravalico D. E. - L' audiolibro. Elementi basilari e recenti applicazioni della tecnica del suono. 2Ş edizione. Milano, Hoepli, 1953.
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[15] Nicolao G.: La tecnica della stereofonia. Il Rostro, Milano, 1960.
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[17] Macrì L., Gardini R.: Manuale Hi-Fi a valvole. Schemario. Volume 1°. Progetto editoriale Luciano Macrì, Firenze, 1993.
[18] Bevacqua S., Macrì L.: Manuale Hi-Fi a valvole. Schemario. Volume 3°. Guida per l'autocostruttore. Progetto editoriale Luciano Macrì, Firenze, 1995.
[19] Millman J., Halkias C.C.: Dispositivi e circuiti elettronici. Bollati Boringhieri, Torino, 1971.
[20] Cantelon D., Cantelon B.: ABC's of safety (interference suppression) capacitors for tube radios. Il web (justradios.com), 20 novembre 2009.
[21] Lo Martire F.: Junior Stereo 10+10. Sistema Pratico, settembre 1966. P 692-700.
[22] Geloso J. et al.: Bollettino Tecnico Geloso. N° 78-79. Milano, primavera-estate 1960. P 43.
[23] Geloso J. et al.: Bollettino Tecnico Geloso. N° 43. Milano, primavera 1950. P 10-19.
[24] Geloso J. et al.: Bollettino Tecnico Geloso. N° 47-48. Milano, primavera-estate 1951. P 12-24.
[25] Mureddu L.: Radiotecnica a valvole. Teoria e pratica dei ricevitori dal 1930 al 1965 con oltre 220 figure e schemi elettrici. PetitesOndes - Le Radio di Sophie, 2010.

 

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