Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Alimentatore variabile per circuiti a valvole

Di Luciano Loria

 

Per la riparazione dei vecchi radio-ricevitori a valvole occorrono: pazienza, competenza, passione e… un minimo d’attrezzatura. I guasti che ricorrono con più frequenza sono quelli che riguardano lo stadio d’alimentazione, normalmente, riparato tale circuito, occorre riparare ancora qualcos’altro. Stiamo parlando di vecchi, vecchissimi apparati, in disuso da decenni e che, purtroppo, appena “scoperti” in soffitta o in cantina, vengono collegati ad una presa di corrente, (senza neanche controllare il valore indicato sul cambio-tensioni) accesi e…PUFF!

Molte volte, prima di accingersi a riparare una radio, magari anni ‘60 di scarso valore o con il mobile malandato o, ancora, mancante di pezzi o rimaneggiata malamente, occorre stabilire se il gioco vale la candela; ovvero se la riparazione (preferisco comunque definire l’operazione restauro) sia conveniente in termini di spesa, fatica, impegno. Quindi, prima d’affrontare delle spese consistenti riguardo eventuale sostituzione di trasformatori d’alimentazione, valvole raddrizzatrici, condensatori elettrolitici, eccetera, conviene alimentare l’apparato con un alimentatore esterno e stabilire quali altri problemi ci siano, eventualmente, da risolvere. Stante la irreperibilità di trasformatori di ricambio per l’alimentazione anodica, i pochi che si trovano hanno costi assurdi) occorre trovare una soluzione alternativa ed economica. Nei negozi di ricambi per l’elettronica troviamo unicamente trasformatori d’alimentazione con primario 220V e secondario a bassa tensione (max 24-36V); ci sono anche trasformatori con più prese sul secondario che, scelte opportunamente, possono servire egregiamente per alimentare i filamenti delle valvole.

Però, è anche vero che la bassa tensione del secondario, applicata al secondario di un altro trasformatore, genera, sul primario di quest’ultimo, un’alta tensione. Questa è l’idea da cui sono partito, il costo di due trasformatori (uno a più secondari ed uno con secondario singolo) non è paragonabile a quello richiesto per un ricambio ad hoc.

Lo schema è semplicissimo, dal secondario del primo trasformatore è possibile prelevare una tensione variabile da 1,5 a 24V che si utilizza per l’alimentazione dei filamenti (Vf), la scelta del valore si ottiene inserendo le bananine verdi nelle boccole corrispondenti (vedere tabella). Il secondo trasformatore ( in funzione d’elevatore di tensione) ha un secondario singolo da 12V a cui si applica, mediante l’inserzione delle boccole rosse, ugualmente, la tensione variabile in uscita dal secondario del primo trasformatore.

E’ chiaro che, essendo fisso il rapporto di trasformazione, variando la tensione in ingresso al secondario (che comunque, in questo caso, diventa il primario) in uscita, sull’avvolgimento con più spire, avremo una tensione anch’essa variabile dipendente dalla tensione d’ingresso moltiplicata per il rapporto di trasformazione.  Nel caso in questione abbiamo: V’/V” = 220/12 = 18,3; la tabella nella foto riporta, per ogni possibile tensione applicabile, la corrispondente tensione già rettificata e livellata, disponibile in uscita. La tensione è rettificata da un ponte di diodi, livellata da due condensatori elettrolitici, infine viene applicata ad un transistor (di potenza per alta tensione) la cui base è pilotata tramite il partitore di tensione formato dai due resistori da 10Kohm e dal potenziometro da 0,5Mohm, la regolazione di quest’ultimo determina il valore della tensione in uscita. La resistenza da 47Kohm costituisce il carico minimo e permette la scarica degli elettrolitici, quando si spegne l’apparecchio; il diodo posto in parallelo fra collettore ed emettitore evita che, a circuito spento e col carico ancora inserito, possano esserci ritorni indesiderati di corrente che potrebbero bruciare il transistor. Faccio doverosamente notare che lo schema l’ho trovato nel sito di Luca Rossi  che merita, da parte di chi non lo conosce, una visitina (vedere la pagina dei link).

Un circuito stampato di qualche cm quadrato è sufficiente a contenere tutti i componenti, il transistor è bene montarlo su un dissipatore, specialmente se si vuole prelevare in uscita una tensione alquanto ridotta, perché in questo caso deve dissipare parecchio calore.

Per la realizzazione del mobile mi sono ispirato a quello, già presentato in questo stesso sito, della radio a reazione ad una valvola, sul pannello frontale trovano posto: l’interruttore con la spia d’accensione, le  boccole verdi e le boccole rosse, la manopola per la regolazione continua della tensione continua d’uscita. Sul retro ho montato il porta-fusibile e le tre boccole d’uscita, lo schema dell’alimentatore è riportato sul pannello di faesite di chiusura, che è forato all’altezza dell’aletta dissipatrice per lo smaltimento del calore prodotto dal transistor durante il funzionamento. Nella base superiore è fissata la tabella per la scelta delle boccole in base ai valori di tensione Vf e Va richiesti. Il primo  trasformatore, che fornisce l’alimentazione ai filamenti e alimenta il secondo, è un trasformatore universale con uscita da 1,5 a 24V da 50VA, il secondo da 220/12V è da 36VA.

Per il transistor basta usarne uno qualsiasi della serie BU… caratterizzati da alta tensione inversa e da discreta potenza, in questo caso si tratta di un BU205.

               

Schema elettrico

 

 

 Vista retro

 

Vista interno

 

Vista superiore

   luciano.loria@gmail.com

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