La Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Gli Oscillatori: dalle note musicali alle onde radio

Se pizzico la corda di una chitarra ottengo una nota, dovuta alla vibrazione della corda che viene trasmessa attraverso l'aria circostante. La nota sarà acuta o grave a seconda delle dimensioni fisiche dell'oggetto che vibra, in questo caso della grossezza della corda, e piano piano si estinguerà. Quello che ho ottenuto è un "treno di oscillazioni smorzate". Un fenomeno analogo a questo si ottiene in elettricità, quando scocca una scintilla tra le due sfere di una macchina elettrostatica: la scintilla viene alimentata da una corrente oscillante che si smorza rapidamente. In tutti questi fenomeni l'oscillazione non è altro che uno scambio ripetuto nel tempo tra due forme di energia, nel caso della corda tra l'energia elastica dovuta alla tensione e l'energia di movimento dovuta all'impulso iniziale. Nel caso elettrico il problema è più complesso, e riguarda lo scambio tra energia potenziale (potenziale elettrico) ed energia cinetica (corrente elettrica). Sta di fatto che siamo sempre di fronte a due diverse forme di energia, che sono in grado di scambiarsi continuamente i ruoli. Ad ogni ciclo, però, si perde qualcosa, e così finisce che l'oscillazione si smorza fino ad annullarsi completamente. Lo smorzamento è inevitabile ed è dovuto a tutte le dissipazioni di energia che accompagnano ogni processo. La corda che vibra trova l'attrito dell'aria ed inoltre si scalda anche un po'; la scintilla elettrica produce uno schiocco e una luce: attraverso quello schiocco e quella luce l'energia viene dispersa sotto forma di calore e onde acustiche. Se vogliamo mantenere costante nel tempo un'oscillazione, dobbiamo riuscire a fornire al sistema l'energia che perde ad ogni ciclo. In altre parole dobbiamo realizzare un oscillatore persistente.

L'orologio meccanico è un esempio perfetto di oscillatore persistente. La frequenza dell'oscillazione è determinata dalla lunghezza del pendolo (o dalla massa del bilanciere), e l'oscillazione viene mantenuta mediante l'apporto costante di energia da parte di una molla o di un peso. L'invenzione risale alla fine del 1600, circa duecento anni prima dell'invenzione della radio. Nonostante ciò, nei primi anni della telegrafia senza fili Marconi non poté fare uso di oscillatori elettrici ad onde persistenti, perché non erano ancora stati sviluppati i mezzi per poterli realizzare. Fu costretto ad utilizzare oscillatori smorzati, del tipo a scintilla.

Principio dell'oscillatore elettrico: sistemi con reazione

Quando ero piccolo, e fantasticavo di meccanica ed elettricità, mi venne in mente un'invenzione grandiosa: si trattava di collegare un motore elettrico ad una dinamo, dare un colpetto in modo che il motore cominciasse a girare, e sedersi comodamente a godersi lo spettacolo: il motore girando avrebbe posto in movimento la dinamo che a sua volta avrebbe generato l'elettricità necessaria a tenere il motore in funzione... Naturalmente non sapevo niente di attrito, legge di Joule eccetera. Comunque, quello era un sistema con reazione.

 

La reazione (o retroazione, in inglese feedback) è alla base di quasi tutti gli oscillatori elettrici, almeno per quanto riguarda il campo radiotecnico. In questo campo tra l'altro si usano quasi esclusivamente oscillatori e segnali sinusoidali, dall'andamento come quello visibile in figura:

Si tratta della forma d'onda più semplice da ottenere, anche in meccanica, e più facile da descrivere in termini matematici. In altri campi, per esempio nell'elettronica digitale o in campo musicale, si usano generatori di segnali di forme non sinusoidali, per esempio quadre, a triangolo, ad impulsi eccetera. Queste forme d'onda sono spesso molto complesse dal punto di vista matematico, anche se spesso sono ugualmente facili da ottenere. 

Il principio di un oscillatore può essere schematizzato come nella figura qui sotto. Ci sono due blocchi: un amplificatore e un blocco di reazione. Il sistema può apparire strano, in quanto ci si trova con un amplificatore privo di un segnale esterno d'ingresso, ma con un collegamento chiuso tra uscita e ingresso, un po' come nel sistema motore-dinamo. La differenza è che in questo caso il circuito viene alimentato, anche se l'alimentazione non è indicata in figura.

Supponiamo che sull'amplificatore sia presente un segnale d'uscita di qualunque genere, per esempio il "transitorio" derivante dall'accensione dell'apparecchio. Una parte di questo segnale viene istantaneamente ripresentata all'ingresso, attraverso il blocco di reazione, e quindi viene amplificato e si trova ad interferire con lo stesso segnale presente. L'interferenza, come si sa in ottica e in acustica, può essere di due tipi: positiva (costruttiva) o negativa (distruttiva). In altre parole, due segnali che si sovrappongono e sono in fase tra loro (stessa frequenza e stessa posizione temporale) si sommano, mentre se hanno fase opposta tendono a cancellarsi. Nel primo caso si parla di reazione positiva, nel secondo caso di reazione negativa (o controreazione). La reazione positiva è quella che sta alla base degli oscillatori. Di tutte le componenti del segnale riportato all'ingresso alcune verranno esaltate dalla reazione positiva, altre invece verranno attenuate dalla reazione negativa, a seconda della fase con cui vengono ripresentate all'ingresso. Questa selezione si ripeterà un numero elevatissimo di volte, fino ad avere un segnale di frequenza unica e precisa, per la quale risulta massima l'esaltazione dovuta alla particolare reazione usata.

Quanto detto può già servire a darci un'idea della funzione che svolge il blocco di reazione: quella di sfasare e attenuare opportunamente il segnale d'uscita in modo da ottenere la giusta ampiezza e fase per la frequenza desiderata.

Ma in che modo agisce un blocco di reazione? Ve ne sono tipicamente di due tipi: a resistenza e capacità (RC) e a induttanza e capacità (LC). Il primo tipo fa uso di resistenze e condensatori per ottenere lo sfasamento e l'attenuazione desiderati, ed è usato per costruire oscillatori di bassa frequenza. Il secondo tipo invece usa un circuito accordato ad induttanza e capacità, e trova largo impiego nella realizzazione di segnali a radiofrequenza.

In entrambi i casi gioca un ruolo importantissimo un parametro, che stabilisce se il sistema è in grado di avviare e mantenere un'oscillazione persistente. Si tratta del cosiddetto guadagno d'anello, ossia del prodotto tra il guadagno dell'amplificatore e l'attenuazione del blocco di reazione. Per avere oscillazioni persistenti questo valore deve essere maggiore di 1 (condizione di Barkhausen), ossia l'amplificatore deve essere in grado di fornire al segnale l'energia persa a causa delle dissipazioni nei vari passaggi del circuito, ma non deve essere troppo alto per evitare fenomeni di saturazione. Questo parametro assume un ruolo critico in certi casi, per esempio nei famigerati ricevitori a reazione, molto in auge negli anni '20.

Oscillatori a bassa frequenza

Per capire meglio ciò di cui stiamo parlando, vediamo un tipico esempio di oscillatore a bassa frequenza (oscillatore audio). Si tratta del circuito classico cosiddetto a sfasamento, in cui il blocco di reazione è ottenuto mediante una rete a resistenza e capacità. Il valore delle resistenze e delle capacità determina la frequenza di oscillazione, cioè quella frequenza per cui la rete assicura uno sfasamento di 180°.

Il blocco triangolare indicato come "amplificatore" può essere un qualunque elemento attivo: transistor, valvola o circuito integrato. Questo tipo di oscillatori potrebbe in teoria venire utilizzato anche a frequenze elevate, ma la sua intrinseca instabilità lo rende poco adatto ad applicazioni radio. Viene utilizzato solo per produrre note acustiche (oscillofono). Altri schemi simili a questo fanno uso di altre reti di sfasamento, per esempio il "ponte di Wien". Non ci soffermiamo ulteriormente sugli oscillatori a bassa frequenza, perché il loro utilizzo non è molto diffuso nel campo radio.

Oscillatori a radiofrequenza

Molto più importanti e diffusi in radiotecnica, gli oscillatori a radiofrequenza (RF) sono generalmente basati su un circuito accordato ad induttanza e capacità (LC), invece che su reti di sfasamento. Anche in questo caso, però, il principio rimane lo stesso: il segnale alla frequenza desiderata viene retrocesso all'ingresso dell'amplificatore per mezzo di una reazione positiva, cioè in accordo di fase col segnale presente. La rete di reazione è costituita da un circuito accordato che seleziona la frequenza di oscillazione, e da un elemento di accoppiamento che può essere capacitivo o induttivo a seconda della configurazione.

 

Nei sacri testi dell'elettronica si trovano svariati esempi di oscillatori RF a valvole o a transistor. Possono essere classificati in base al nome dei lori ideatori, per esempio Armstrong, Colpitts o Hartley, oppure per il modo in cui la corrente continua di alimentazione viene applicata (serie o parallelo). Gran parte degli oscillatori locali usati nei ricevitori supereterodina sono del tipo Armstrong, con reazione di tipo induttivo, e corrispondono ad uno schema non molto diverso da quello della figura qua sotto.

In quello illustrato l'elemento attivo è un transistor, mentre nelle radio antiche questa funzione veniva svolta da un triodo. Comunque il principio è esattamente lo stesso. L'oscillazione si basa sulla reazione (Feedback) dovuta all'accoppiamento tra l'induttanza L1 ed il trasformatore T1. In pratica L1 costituisce una sorta di avvolgimento secondario di T1. Nel disegno i due avvolgimenti sono mostrati distanti, a significare che l'accoppiamento deve essere tenuto "lasco" in modo da raggiungere il giusto guadagno d'anello senza caricare eccessivamente il circuito accordato costituito dal condensatore C1 e dal primario di T1. C1 è un condensatore variabile che permette di regolare la frequenza dell'oscillatore. L'alimentazione (Vcc) raggiunge il collettore del transistor passando attraverso il circuito accordato (alimentazione in serie).

Per sapere di più sulla teoria e sulla pratica degli oscillatori e di tanti altri argomenti elettronici, consiglio vivamente di visitare i siti  http://tpub.com/neets/book9/http://www.electronics-tutorials.com/. Entrambi sono in inglese, ma costituiscono una miniera di informazioni, esempi e schemi per l'elettronico dilettante.

Ora cerchiamo di individuare l'oscillatore locale all'interno dello schema di una radio a valvole:

 

Si tratta dello stadio convertitore di una RadioRurale del 1938. Usa la valvola multigriglia 6A7, lo "stato dell'arte" per quell'epoca. L'oscillatore locale utilizza le prime due griglie della valvola, ed è un classico oscillatore tipo Armstrong alimentato in serie attraverso la bobina di reazione. Le altre griglie fanno parte della sezione "mescolatrice" (vedi pagina sui ricevitori supereterodina). Questo è un circuito molto semplice, perché ha una sola gamma d'onda. Non sempre è così facile riconoscere i componenti di un oscillatore locale, ma con un po' di pratica e di pazienza si può arrivare a comprendere circuiti molto più complessi ed intricati, come i multigamma degli anni '40. 

Per chi comincia