Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Addio al Broadcasting

Dopo un secolo di attività termina il servizio radiofonico per tutti.

Niente come le trasmissioni in onde medie o lunghe possono rispondere alla definizione di "broadcast": trasmissione ad ampio raggio. Queste bande di frequenza furono scelte proprio grazie alla loro caratteristica di adattarsi al territorio. In Italia si adottarono le onde medie, più idonee alla copertura di un territorio complesso e montuoso, da dividere in regioni e bacini di utenza. In altri Paesi europei, come la Francia e la Germania, si utilizzarono anche le onde lunghe, adatte a propagarsi su vasti territori pianeggianti.

Stiamo parlando dei primi anni '20 del secolo scorso, esattamente cento anni fa. In quel primo periodo della radiodiffusione era fondamentale riuscire a coprire l'intera nazione con un segnale che fosse sufficientemente potente e facile da ricevere, anche con i mezzi poveri di allora. Gli utenti del servizio si trovavano spesso in aree rurali, lontani dai centri urbani e spesso non erano neppure serviti dalla rete elettrica. Si utilizzavano ricevitori a batterie, con poche valvole, oppure semplici ricevitori passivi, a galena o simili. Le onde medie andavano molto bene per questo tipo di servizio. Occorreva installare delle lunghe antenne, specie se si abitava molto lontano dai trasmettitori. Per esempio, in Sardegna non furono installati ripetitori fino alla fine degli anni '30: occorreva sintonizzarsi sulle stazioni potenti del Lazio o della Toscana, e ascoltare un segnale che andava e veniva. Lo stesso avveniva per le popolazioni delle valli e degli Apennini. I ricchi potevano equipaggiarsi con ricevitori a otto valvole supersensibili, mentre i poveri si arrangiavano con apparecchi a reazione, che strizzavano al massimo l'amplificazione di una sola valvola e permettevano comunque l'ascolto tra fischi e muggiti. Era quella la Radio, e arrivava a tutti. Veniva trasmesso un solo programma, con un palinsesto diviso tra informazione, intrattenimento, educazione, sport. Certi programmi catalizzavano l'attenzione della popolazione intera, per esempio i famigerati discorsi di propaganda o certi avvenimenti sportivi.

In seguito la situazione si stabilizzò, e la qualità media della ricezione divenne accettabile in ogni angolo d'Italia. Anche il prezzo di un ricevitore casalingo a cinque valvole era alla portata di tutte le famiglie. Parliamo dei primi anni del dopoguerra, quando la Rai riorganizzò la rete dei trasmettitori, fino ad arrivare negli anni '50 a una copertura quasi ottimale dell'intero territorio, come si vede dall'immagine qua sotto, tratta da una serie di articoli che apparvero su Epoca nel 1952:

Oltre alle onde medie (70 trasmettitori) sorgevano i primi ripetitori per la Modulazione di Frequenza, che assicuravano una ricezione di alta qualità. Contemporaneamente, tuttavia, cominciava a vacillare il principio del "broadcast". Infatti, le FM costringevano a uno spezzettamento della trasmissione su microzone territoriali, ciascuna delle quali doveva essere "in vista" della propria antenna trasmittente. In questo modo venivano privilegiate le aree urbane e comunque le zone ad alta densità di popolazione. Le FM, come in seguito la televisione, non potevano garantire la copertura del 100% della popolazione: lasciavano sempre fuori qualche angolino, qualche minoranza irrilevante dal punto di vista statistico. Ci si accontentava, con orgoglio, di coprire il 95% della popolazione. Il 5% restante aveva comunque accesso alle onde medie e in qualche modo si arrangiava.

A proposito di arrangiarsi, nella seconda metà del secolo le onde medie diventeranno campo di gioco di migliaia di appassionati. Fioriranno decine di riviste specializzate tutte dedicate alla costruzione di ricevitori per dilettanti. A cristallo o a valvole, e poi a transistor: chiunque poteva avere la soddisfazione di ricevere il proprio programma preferito con un apparecchio autocostruito, a reazione o reflex, con ascolto in cuffia o in altoparlante. Basta sfogliare le pagine di questo sito oppure la raccolta Radio Hobby, che ho curato qualche anno fa con un pochino di nostalgia... c'ero anch'io tra quegli appassionati sperimentatori. Tutto ciò era possibile proprio grazie all'esistenza delle trasmissioni broadcast, che assicuravano un segnale radio forte quasi dovunque. Era possibile utilizzare uno spezzone di filo gettato fuori dalla finestra, un qualunque rivelatore - anche una vecchia lametta da barba e uno spillo - e una cuffia ad alta impedenza, e con un po' di ingegno si riceveva sempre qualcosa.

Tutto questo durerà fino alla fine del secolo, fino alla doccia gelata del 2004, quando uno scarno comunicato RAI informava di una razionalizzazione in atto nella rete dei trasmettitori, con una riduzione del numero dei programmi trasmessi e una sola stazione unificata: Radio1. Da quel momento in poi, era inevitabile, è tutta discesa fin qui. Oggi le onde medie sono completamente spente. Cessa il principio stesso del broadcasting. Evidentemente non serve più, oppure è diventato un lusso insostenibile.

Personalmente sono fondamentalmente d'accordo sullo spegnimento, per motivi razionali. Quando una tecnologia ha fatto il suo tempo va semplicemente abbandonata senza rimpianti. È successo con la locomotiva a vapore, col telefono a disco combinatore, col televisore analogico a raggi catodici. Fanno parte della storia.

È chiaro che la cessazione del broadcast non lascia la popolazione senza la "radio": possiamo attingere da mille risorse, molte delle quali fanno capo ai nostri smartphone, alla rete radio e televisiva digitale o al web. Certo, non potremo mai più costruirci una "radio" con due transistor e un diodo, ma probabilmente avremo altri modi per sviluppare l'ingegno e la creatività.

I nostri vecchi ricevitori a valvole, col bel mobile in legno, resteranno muti per sempre, oppure emetteranno qualche fastidioso ronzio nel tentativo di beccare una stazione nordafricana o transalpina, ma non sarà più possibile ascoltarci la partita della nazionale o la messa della domenica, a meno di usare qualche trucco più o meno lecito. Può darsi che qualche operatore commerciale possa trovare conveniente impiegare una frequenza in onde medie per fare una propria stazione radio. Non so quanto possa convenire l'operazione, dato il costo dell'energia necessaria: si tratta sempre di mandare in antenna almeno qualche migliaio di watt, il che comporta il triplo di potenza d'ingresso al trasmettitore: 10kW costano e vanno giustificati, e non coprono neppure una piccola regione. Cosa che in FM puoi fare a un prezzo estremamente inferiore, e con una radio web ti costa praticamente niente. Per non parlare delle installazioni necessarie con relative autorizzazioni e adempimenti burocratici. Insomma, a mio avviso le onde medie hanno terminato il loro ciclo.

Personalmente possiedo alcune centinaia di ricevitori a valvole, e altrettanti a transistor degli anni d'oro. Molti sono - sarebbero - perfettamente funzionanti. Potrei andare in cima a una collina con un Roberts da barca, di quelli sensibilissimi con circuito integrato e con base orientabile, per tentare di ricevere in DX stazioni lontane ed esotiche, ma non è questo il mio hobby. Il mio hobby in questo campo era la tecnica, la riparazione e la costruzione di radio riceventi, per poi poterle utilizzare comunemente, per sentire il Giornale Radio o Tutto il calcio minuto per minuto, oppure Caterpillar. Le lascerò spente, ma le guarderò sempre con grande rispetto. Intanto ho tolto la batteria al mio piccolo ricevitore reflex a due transistor, ormai inutile. Lo utilizzavo proprio per monitorare la situazione delle onde medie, vista da un ricevitore che un ragazzo degli anni '60 poteva costruire e capire:

Possiamo passare ad altro.

Leonardo Mureddu, 12 settembre 2022

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